A Roma è una giornata di primavera, una città ancora a rilento per via del covid, che ha chiuso gran parte delle università e degli uffici, quindi con pochi minuti di macchina dal centro ci troviamo nella mensa di via de Dominicis 13. Una storia molto particolare è legata a questo spazio, riaperto nell’aprile del 2019 dopo ben 12 anni di chiusura, è frutto di una sinergia fra Regione Lazio, Ente per il diritto allo studio Disco, e Cimas srl. La voglia di fare bene e rilanciare- ognuno nel proprio campo di competenza- ha fatto sì che la residenza universitaria Ezio Tarantelli, nel quartiere di Casal Bertone, avesse il suo punto ristoro, uno spazio di 300 metri quadrati con altri 100 esterni.
A fare gli onori di casa è Cristina Pappalardo, una delle responsabili della mensa, con un sorriso accogliente e modi altrettanto gentili, ci racconta di sé, una vita intrecciata a quella dell’azienda che, nel mezzo del cammin della sua vita, gli ha dato una seconda opportunità
“Ero senza lavoro i miei figli ancora piccoli, nel 2012 ho cominciato il mio rapporto professionale con la Cimas, mettendomi in un settore, come quello della ristorazione, che era del tutto nuovo per me, e così è cominciata la mia seconda opportunità di vita , mi occupavo di tutt’altro…”
-Una bella sfida per una donna, madre, lavoratrice, è stato duro l’inizio?
“A dire il vero è stata una continua crescita e formazione sul campo, parecchi colleghi mi hanno insegnato di volta in volta il mestiere, certo non è un lavoro facile, richiede tecnica, attenzione e professionalità massima, con gli anni ho imparato ad avere obiettivi concreti, rispetto a quando ero più giovane- e nella vita ne ho passate tante! i miei sogni sono diventati a breve termine e si sono concentrati su risultati tangibili e concreti”
-Il rapporto con l’azienda?
“ Maurizio, ( ndr Maurizio Sansuini, dirigente della Cimas, nonché suo fondatore ) è un imprenditore di altri tempi, una persona che pur avendo tantissima esperienza, cerca ancora di imparare, e credo che questa sua inclinazione sia anche il cd “ marchio di fabbrica”, attraverso il suo modo di stare al mondo di concepire il lavoro e l’azienda, anche noi dipendenti abbiamo sviluppato, il continuo bisogno di confronto e crescita, con umiltà, mettendoci sempre al servizio delle esigenze dei nostri clienti, siamo perciò in uno stato mentale di voglia di miglioramento continuo ”
-Una residenza, universitaria, con tanti ragazzi che provengono da più parti del mondo. Come si comportano?
“in realtà se le regole non sono imposte, soprattutto ora che ci sono quelle dettate dall’emergenza pandemica, ma spiegate anche attraverso un confronto, i ragazzi sono in grado di adottare sempre comportamenti corretti, abbiamo quasi la metà della nostra utenza fatta di studenti stranieri che provengono dai luoghi più disparati del mondo, sono qui per studiare…”
-C’è un buon rapporto fra le varie etnie?
“Certo! addirittura, pochi giorni fa dei ragazzi italiani, aiutavano altri dell’Azerbaijan con la grammatica per imparare la nostra lingua, un fatto che mi ha emozionata tantissimo, è stato bello vedere che ai tavoli della nostra mensa si possano sviluppare anche questi rapporti, del tutto spontaneamente”
-E con il covid?
“Le regole appunto sono molto rigide, e tutto viene sanificato, siamo state fra le poche strutture aperte anche durante il lockdown, avendo noi- appunto -come utenza anche la residenza per i fuori sede, e ragazzi che provengono da tutto il mondo, Turchia, Egitto, Azerbaijan come raccontavo prima. All’inizio è stata dura tantissima paura, ma siamo stati dotati di mascherine, prodotti per sanificare, tavoli distanziati, controllo della temperatura ed abbiamo imparato a fare i conti anche con questa pandemia”
-Un lavoro a contatto con i giovani, cosa pensano le nuove generazioni?
“Al momento, per via del covid li vediamo sottotono, sono un pochino scoraggiati, molto limitati anche nella socialità, ma sanno che questa cosa è transitoria, che richiede pazienza e passerà, quello che ci auguriamo tutti è che possa finire il prima possibile, nel mentre si cerca di continuare a lavorare dando il massimo, noi come loro””
-Voi che avete un’utenza così cosmopolita: Il cibo unisce le varie etnie?
“Certo! Partendo dal fatto che gli spaghetti e la pizza sono ormai da anni un linguaggio internazionale, usiamo anche molte spezie, che avvicinano nei sapori gli studenti stranieri a casa loro, riportandoli in un clima familiare, ciò a cui cerchiamo di stare molto attenti, sono le esigenze di ognuno che sia uno studente turco o italiano, loro sono i nostri clienti e a loro vogliamo dare il massimo. Spesso il nostro impegno è ripagato da regali culinari che i ragazzi della residenza, ci donano, abbiamo assaggiato dolci e biscotti da tutto il mondo, è il nostro scambio interculturale (sorride)”
Uno sguardo indietro ed uno al futuro?
“Ancora sorrido quando ripenso ad un fatto successo al Coni, dove abbiamo un’altra delle nostre mense, quella volta dove con un cuoco che mi seguiva ho cotto una gigantesca bistecca!!! E chi me l’avrebbe detto, io dietro ai fornelli di una cucina professionale! mi occupo di gestione, e a livello di preparazione do una mano solo per la linea dei piatti freddi, il resto ci pensano gli chef, per il futuro? Che vada sempre meglio…e fuori dalla pandemia!”
Il Coni ha detto. Lei che è stata in tantissime mense gestite dall’azienda, quali sono le differenze?
“ Tovergata, La Sapienza e Roma Tre…rispetto al Coni sono menù differenti, gli atleti, poverini, stanno spesso a dieta! Gli studenti invece hanno bisogno di mangiare, lo studio lo richiede proprio”
-Rispetto alla sua vita e alla Cimas…
“Sono contenta, sono cresciuta, nel corso degli anni, tantissimo, l’azienda ha premiato i miei sforzi, dandomi sempre ulteriori occasioni, sono una delle responsabili ora, e dai cuochi ho imparato anche dei piatti che ripropongo in casa mia, ad esempio ho fatto una volta a cena la pasta con ‘nduja, ovviamente imparata da un cuoco calabrese! Alle volte il piccante in cucina come nella vita è utile per spezzare la routine”
Impossibile, non terminare la nostra intervista davanti ad un piatto di gnocchi con il ragù e pennette in salsa di peperoni. I ragazzi turchi, egiziani armeni, avranno sicuramente dei sapori da riportare in valigia quando torneranno a casa! qui la cucina italiana parla la lingua di tutti. Ringraziamo tutto lo staff e a pancia piena e cuore gonfio ci ributtiamo nel traffico di Roma.