Secondo la storiografia ufficiale della colomba pasquale fu Dino Villani, direttore pubblicità della ditta milanese Motta, già celebre per i suoi panettoni natalizi, che, negli anni trenta del ‘900, a ideare un dolce simile al panettone, ma destinato alle solennità della Pasqua. La ricetta poi venne ripresa da Angelo Vergani che nel 1944 fondò la Vergani srl, azienda di Milano che ancora oggi produce colombe.
Da allora la colomba pasquale si diffuse sulle tavole di tutti gli italiani, e anche ben oltre i confini dell’Italia. L’impasto originale, a base di farina, burro, uova, zucchero e buccia d’arancia candita, con una ricca glassatura alle mandorle, ha successivamente assunto varie forme e varianti. Vi sono però storie con origini ancora più antiche e molto affascinanti.
Ecco le due più accreditate, entrambe lombarde. Si narra che, attorno al 610, in quella che era la capitale dei Longobardi la regina Teodolinda avesse ospitato un gruppo di pellegrini irlandesi, guidati da San Colombano. La sovrana offrì agli ospiti cani di selvaggina e ricche libagioni, ma il santo declinò perché era periodo di Quaresima. Teodolinda e il marito Agilulfo interpretarono il rifiuto come un’offesa personale e fu allora che Colombano, benedicendo la selvaggina, la trasformò in bianche colombe di pane.
La seconda leggenda ha sempre la Pavia longobarda come scenario, ma questa volta il salto all’indietro arriva fino al 572, ai tempi del re Alboino. Che, valicate le Alpi, mosse guerra all’Italia bizantina assediando Pavia. Dopo tre anni di assedio la resistenza venne vinta e i barbari entrarono in città. Fu allora che i Pavesi, per evitare le loro furia, regalarono loro dei soffici dolci a forma di colomba. Un gesto di pace che, secondo la leggenda, evitò il saccheggio e valse a Pavia il titolo di capitale del neonato regno.
Rispetto alla Pasqua del 2019, l’ultima pre-Covid, tra i dolci da forno che finiranno sulle mense imbandite tricolori si registra un aumento del fai-da-te, testimoniato dal boom nelle vendite di farina, lievito e preparati dolciari. Maggioritari rimangono i prodotti industriali, “ma nei confronti del drammatico 2020 quest’anno sono destinate a impennarsi- sostengono gli analisti del CnaAgroalimentare- le vendite di dolci artigianali, sostanzialmente azzerate lo scorso anno dalle restrizioni imposte a pasticcerie, cioccolaterie, gelaterie”. Nei laboratori trionfa la colomba nella sua versione tradizionale mentre il plus del dolce tipico pasquale è l’utilizzo del lievito madre, che la rende più morbida e digeribile, leggermente acidula al gusto. Ripartono anche le produzioni artigianali di uova di cioccolato, l’anno scorso ridotte al lumicino.
Articolo di: “ilfattoalimentare.it”