La cucina italiana come Patrimonio dell’Umanità, la grande sfida

Il cammino per candidare la nostra cucina all’Unesco continua. Numerose e impegnative le tappe. Ecco quali sono e perché vale la pena affrontarle

Un’impresa. Lunga, e molto impervia. Così è il percorso iniziato nel luglio 2020 per candidare la nostra cucina come bene immateriale dell’Unesco. Ma che cosa significa, nella pratica?

Esempi universali

Nel 2003 l’Unesco ha adottato la «Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale», con l’obiettivo di favorire la trasmissione fra le generazioni di tradizioni, espressioni orali, arti dello spettacolo, rituali, eventi festivi, artigianato, pratiche agricole tradizionali, tutte manifestazioni viventi dell’identità delle comunità e delle popolazioni che in esse si riconoscono. Fare parte di questo patrimonio significa essere sanciti universalmente come riferimento dell’identità culturale di un Paese e come modello per lo sviluppo del dialogo interculturale e della pace.

Valori da preservare

Oggi, nel nostro Paese, sono solamente nove gli «elementi immateriali» annoverati nel patrimonio Unesco. Questo momento così difficile ed eccezionale si è inaspettatamente rivelato un motore di riscoperta di tradizioni e abitudini dimenticate, che ci ha reso più consapevoli del valore della nostra cultura enogastronomica. Quindi, perché non tutelarla e valorizzarla al meglio?

Condivisione e responsabilità

La candidatura deve essere vissuta come un’opportunità per riappropriarci con maggiore persuasione di un elemento
fondante della nostra identità nazionale, da tramandare alle generazioni future e da condividere con tutto il mondo. Cercare di ottenere il riconoscimento dell’Unesco è un atto di responsabilità con cui impegnarci alla salvaguardia della nostra cultura anche come mezzo di dialogo interculturale e intergenerazionale.

Corsa a ostacoli, le tappe

Tappa 1: Esperti e studiosi mettono a punto un dossier, cioè una documentazione scientifica che motivi la richiesta di iscrizione, e individua l’«elemento portante», ovvero il «titolo della candidatura», che viene iscritto in un inventario nazionale del patrimonio immateriale.

Tappa 2: Ottenuta tale iscrizione, il dossier di candidatura è inviato alla Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco che lo assegna al Ministero competente per materia. A marzo di ciascun anno il Consiglio Direttivo di tale Commissione decide la candidatura che rappresenterà lo Stato italiano nel processo biennale di valutazione internazionale. Ci sono poi sei mesi di tempo per integrare la documentazione.

Tappa 3: Entro il successivo mese di dicembre avviene l’esame della candidatura da parte dell’Organo di valutazione che poi, tra aprile e giugno, emana la decisione finale, rendendola nota prima della riunione annuale del Comitato intergovernativo. Nel corso di questa riunione annuale, in genere tra novembre e dicembre, il Comitato valuta le proposte dell’Organo di valutazione e iscrive o respinge gli elementi candidati.

Questo percorso complesso è solamente all’inizio, ma possiamo contare su un comitato scientifico di esperti di grande competenza, che hanno aderito alla missione con entusiasmo e sono già partiti alla caccia dei tesori della tradizione gastronomica del nostro Paese.

 

Articolo di: “www.lacucinaitaliana.it”