“Il cervello ha bisogno di zuccheri. I neuroni non ne possono proprio fare a meno”. Lo dice un articolo, con tanto di intervista a un neurologo, sull’inserto Live di Repubblica del 21 novembre 2019, che ha dedicato un mini-dossier proprio allo zucchero. Si tratta di vera e propria disinformazione nutrizionale, che ciclicamente ritorna. La cosa viene fatta spiegando in maniera molto fuorviante una nozione scientifica elementare: in condizioni normali, i neuroni hanno bisogno di glucosio per funzionare. Si tratta di un concetto ben diverso da “i neuroni hanno bisogno di zucchero e non ne possono fare a meno”, non trovate? Un messaggio che stride ancora di più se pensiamo che è preceduto da un editoriale sull’obesità infantile e fiancheggiato da un altro articolo sui rischi degli eccessi dello zucchero…
È vero che il glucosio è l’unico zucchero semplice, o meglio monosaccaride, in grado di attraversare la barriera che separa il sangue dal cervello per raggiungere i neuroni, dove funge da carburante. Ma non è necessario mangiare zucchero a cucchiaiate per avere in circolo del glucosio pronto a dare energia al cervello, e nemmeno abbuffarci di “torte, biscotti, merendine e bibite” come sembra quasi suggerire l’articolo. Il nostro corpo, infatti, è in grado di ottenere tutto il glucosio che ci serve dai carboidrati complessi (amidi) di pasta, pane e patate, nonché dagli zuccheri semplici presenti naturalmente nella frutta e nel latte (per i fortunati in grado di digerire il lattosio), solo per fare alcuni esempi. Ma in caso di necessità può ricavarli anche dai grassi e persino dalle proteine.
È proprio questo il fraintendimento più grosso. L’articolo continua a parlare di ‘zucchero’ e ‘zuccheri’, senza fare nemmeno una volta una distinzione tra zuccheri semplici e carboidrati complessi, che non vengono mai citati. Se dico zucchero, nella maggior parte dei casi, il cittadino a digiuno di biochimica penserà ai cristalli bianchi o ambrati di saccarosio che mette nel caffè al bar. Omettiamo queste informazioni e cosa capirà la (ormai leggendaria) casalinga di Voghera? Che tutto sommato va bene fare colazione tutti i giorni con pane e un generoso strato di crema di nocciole come ci suggerisce la pubblicità, anzi forse è meglio aggiungere un cucchiaino di zucchero in più al caffè. In fondo è indispensabile per il cervello, no?
Se vogliamo essere pignoli, poi, il glucosio non è nemmeno l’unica fonte energetica del cervello. Esistono anche i corpi chetonici. Si tratta di alcune piccole molecole prodotte dal fegato a partire dai grassi immagazzinati nel tessuto adiposo e che, al pari del glucosio, sono in grado di entrare nel cervello, dove sono usati come carburante di emergenza in caso di digiuno, quando non c’è glucosio in circolazione. È quello che accade anche nelle diete chetogeniche che tanto vanno di moda ultimamente, ma che sono state inventate proprio per quelle persone affette da una condizione che rende il loro cervello incapace di usare il glucosio come carburante (sindrome da deficienza di Glut1).
Una volta per tutte, gli zuccheri semplici – intesi come monosaccaridi e disaccaridi liberi aggiunti al cibo, compresi quelli contenuti nel miele, negli sciroppi e nei succhi di frutta – non sono nutrienti indispensabili per la nostra sopravvivenza. E non esiste nemmeno un fantomatico “fabbisogno calorico giornaliero di zuccheri” citato in uno specchietto laterale dell’articolo. Infatti, tutte le linee guida stabiliscono un fabbisogno (o meglio un intervallo di riferimento per l’assunzione) di carboidrati totali, ma una soglia massima per gli zuccheri semplici: l’Organizzazione mondiale della sanità, per esempio, ha fissato per il limite da non superare al 10% delle calorie (50 grammi in una dieta da 2.000 kcal), ma ci dice anche che sarebbe meglio abbassarla al 5%, pari a 25 grammi al giorno. Provate a fare il conto di quanti zuccheri mangiate durante la giornata: scoprirete che oltrepassare i limiti è molto più facile di quanto pensate…
Articolo da: ilfattoalimentare.it