Origami organics: la startup che ricava vestiti per bambini dal latte

Si chiama fibra di latte o “milk fiber” per i più esterofili, ma con le fibre – quelle alimentari almeno – non c’entra nulla. Non si tratta infatti di una sostanza particolarmente nutriente o piacevolmente digestiva, ma di una materia prima virtuosa per l’ambiente e per l’economia del riuso, lavorabile e trasformabile. In cosa? In vestiti!

Per scoprirne di più, abbiamo intervistato Maddalena Falaschi, Founder di Origami Organics, giovane startup che ha tinto di bianco l’eco-fashion infantile partendo proprio da un ingrediente apparentemente molto lontano dal mondo della moda: il latte.

ORIGAMI ORGANICS: START UP FEMMINILE E GREEN 

L’idea risale a circa sei anni fa quando Maddalena, fresca di studi in Economia, è in procinto di prendere la seconda laurea, questa volta in Comunicazione, Marketing e Fashion Design. Durante le sue ricerche sui tessuti alternativi ed ecosostenibili, si imbatte nella fibra di latte, un filato ricavato dalla caseina, proteina del latte. Ne intuisce subito le potenzialità e predispone così la versione embrionale di quello che è oggi Origami Organics. “Allora era appena nato il primo dei miei nipotini” ci ha spiegato Maddalena, “e aveva iniziato a manifestare alcune problematiche di tipo cutaneo: per questo, quando ho approfondito le proprietà benefiche di questo materiale, ho capito che proprio i neonati potevano essere i destinatari giusti per il nuovo prodotto”. È così che, una volta terminata l’Università, Maddalena decide di sviluppare ulteriormente il progetto e, grazie anche all’aiuto di altre due colleghe startupper, Giuditta Gelsumini e Sonia Di Benedetto, gli dà una forma nuova.

“L’ipotesi iniziale era di coinvolgere le aziende produttrici del territorio emiliano per andare a recuperare gli scarti della lavorazione del latte” prosegue, precisando che per ottenere la caseina “viene sfruttato proprio il latte che non può essere utilizzato a livello alimentare perché avariato, o perché non rispetta i requisiti qualitativi necessari per essere venduto”. Per avere un’idea dei numeri, basti pensare che, secondo i dati riportati nel 2018 dal progetto Reduce del Ministero dell’Ambiente insieme all’Università di Bologna-Distal, latte e latticini sono al secondo posto della ingloriosa classifica dei cibi buttati con più frequenza, toccando il 17,6% dello spreco totale giornaliero. Questo anche perché spesso non si sa bene cosa fare del latte in scadenza e si finisce per cestinarlo.

Purtroppo il percorso di collaborazione immaginato in un primo momento dal trio di Origami Organics ha dovuto fare i conti con il fatto che, a dispetto della sua italica paternità, da tempo ormai la lavorazione della fibra di latte non è più patrimonio nostrano e, più in generale, si tratta di una produzione d’eccezione anche all’interno del panorama dell’eco-fashion.

È sempre Maddalena a raccontarci la storia della fibra di latte, invenzione dell’ingegner Antonio Ferretti di Gavardo (BS) che, intorno alla metà degli anni Trenta del Novecento, trova un modo inedito di sfruttare una materia prima inusuale. “In quegli anni la situazione politica era piuttosto delicata: era stato istituito l’embargo commerciale che, da una parte, vietava all’Italia di importare merce dall’estero, compresa la lana destinata in primis alle divise militari, e dall’altra vietava l’esportazione dei prodotti Made in Italy, tra cui il latte, che era quindi in eccesso rispetto ai consumi”. Ferretti si mise in testa di rendere filabile la caseina (che veniva già utilizzata allora per ricavare la galalite, una simil plastica impiegata anche per fabbricare i bottoni) con lo scopo di creare una fibra che potesse avvicinarsi il più possibile alla lana. Fu così che poco tempo dopo brevettò il Lanital, fibra artificiale “autarchica” di origine naturale, ricavata da una soluzione di caseinato di sodio. La SNIA Viscosa, importante azienda chimica del Nord Italia, acquistò subito il brevetto e dal 1935 al 1943 si occupò della sua industrializzazione producendo e vendendo stoffe in Lanital.

“Purtroppo però la fibra di latte aveva tutta una serie di criticità legate a questa prima versione: non era particolarmente resistente e il suo ciclo produttivo inquinava molto. Nonostante i vari sforzi di ottimizzazione di questi due aspetti, nel dopoguerra si diffusero sul mercato le alternative sintetiche, più robuste e decisamente meno costose del Lanital e la fibra di latte finì nel dimenticatoio”. Almeno fino agli anni 2000, quando si è registrato un rinnovato interesse per i materiali non tradizionali di origine naturale e con un impatto ambientale contenuto: così sono stati riscoperti la caseina e i suoi simili, ma sono state anche esplorate nuove possibilità, come quelle legate alla trasformazione delle alghe e altri materiali cellulosici o persino degli scarti degli agrumi. “Non bisogna dimenticare infatti” avvisa Maddalena, “che il cotone non organico ha un’impronta idrica imponente e necessita di numerosi fitofarmaci per essere coltivato, soprattutto in territori di cui non è autoctono. Per non parlare dello sfruttamento della manodopera, spesso non regolamentato e altrettanto preoccupante”.

Oggi la fibra di latte, compresa quella utilizzata anche da Origami Organics, viene prodotta principalmente dalla tedesca QMilk, azienda fondata dalla chimica Anke Domaske, che è riuscita a elevare gli standard di ecosostenibilità dell’intero processo. Ma quali sono i benefici specifici della stoffa ricavata dal latte?

I BENEFICI DELLA FIBRA DI LATTE

“Si sa che la pelle dei neonati è delicata” ci dice Maddalena, “ma non ci si prefigura mai fino a che punto può esserlo”. Proprio approfondendo le problematiche dermatologiche che si possono manifestare quando si è ancora in fasce, le co-fondatrici di Origami Organics hanno scoperto che esiste una forte correlazione tra alcune forme di dermatite atopica e gli agenti chimici con cui la pelle può venire in contatto, come ad esempio quelli contenuti nei vestiti. “Certamente ci sono delle predisposizioni genetiche che rendono alcuni individui più inclini a sviluppare questi disturbi. Ma esiste anche una componente ambientale, legata ad esempio all’uso di certi materiali plastici nell’industria tessile”. A differenza loro, la fibra di latte ha dalla sua numerose caratteristiche positive: è naturalmente ipoallergenica, antibatterica e idratante, agevola la traspirazione della pelle assorbendo il sudore e rimanendo fresca e morbida al tatto, resiste bene all’usura, protegge dai raggi UV ed è compatibile con tutti i tipi di pelle, proprio perché priva di componenti potenzialmente irritanti, oltre ad essere perfettamente biodegradabile.

SOSTENIBILITÀ E COMFORT: I PUNTI DI FORZA DELLA STARTUP 

Ed è qui che risiede la chiave di questa realtà e della sua originale proposta: utilizzare un filato naturale come quello ricavato dalla fibra di latte per produrre abiti per bambini dagli 0 ai 2 anni di età, sfruttando così tutti i benefici di questo eco-tessuto, con un design attento alle esigenze di grandi e piccini. “Prima di disegnare i nostri capi abbiamo studiato a lungo quali sono i comportamenti tipici di questa fascia di età e quali i consigli degli esperti: così abbiamo notato ad esempio che, a differenza di quanto succedeva per i nati della mia generazione, oggi si tende a lasciare riposare i neonati supini invece che a pancia in giù. Per questo evitiamo di inserire sul retro dei nostri abiti bottoni, chiusure o altri elementi che possano interferire con la comodità del bimbo”. Poi certo, ci sono anche i genitori: ed è anche pensando a loro e alla praticità di certe operazioni che le startupper di Origami Organics hanno creato le loro collezioni. Sostenibilità e comfort sono perciò le linee guida dell’azienda, che continua la sua ricerca nell’ambito delle materie prime in grado di soddisfare le peculiarità dermatologiche, e non solo, dei neonati. Ma a una sola condizione: “Il nostro claim è ‘L’abbigliamento che fa bene al tuo bambino’, non intendiamo tradirlo”.

E così, anche se nell’esperienza di Maddalena la clientela italiana non sembra essere ancora del tutto pronta a “convertirsi” a scelte green (anche a causa dei costi elevati che alcune di queste comportano), Origami Organics non si dà per vinta. Anche perché, come si suol dire, inutile piangere sul latte versato: meglio ricavarne qualcosa di utile!

 

Articolo di: “www.ilgiornaledelcibo.it”